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Articolo pubblicato il 18 Aprile 2025 Tempo di lettura: 2 minuti

Di seguito le principali novità del periodo.

Periodo di prova e dimissioni per fatti concludenti

    Con la circolare n.6 del 27/03/2025, il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni operative su alcune delle novità apportate dal c.d. Collegato Lavoro che, come noto, sono in vigore dal 12 gennaio scorso. Riportiamo di seguito le principali indicazioni.

    Durata del periodo di prova

    Il Collegato Lavoro aveva stabilito che:

    • fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è fissata in 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro;
    • in ogni caso, la durata del periodo di prova non può essere:
      • inferiore a 2 giorni e
      • superiore:
        • a 15 giorni per i contratti con durata non superiore a 6 mesi e
        • a 30 giorni per quelli con durata superiore a 6 mesi e inferiori a 12 mesi.

    A riguardo, il Ministero del Lavoro specifica che:

    • limiti massimi di durata del periodo di prova non sono derogabili dalla contrattazione collettiva in senso peggiorativo; a tale proposito, viene considerata più favorevole per il lavoratore una durata minore del periodo di prova;
    • per i contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, il limite massimo (30 giorni) può essere superato, moltiplicando 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario.

    Dimissioni per fatti concludenti

    Si tratta della norma che prevede che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta:

    • oltre il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro o
    • in mancanza di previsione contrattuale, oltre i 15 giorni,

    il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore per effetto delle c.d. dimissioni per fatti concludenti.

    Il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’INL, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.

    A tutela del lavoratore, le disposizioni non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza:

    • per causa di forza maggiore o
    • per fatto imputabile al datore di lavoro.

    Al riguardo, il Ministero del Lavoro chiarisce che:

    • l’effetto risolutivo non discende automaticamente dall’assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto e attivi la procedura prevista, alternativa a quella disciplinare;
    • in relazione ai giorni di assenza:
      • sono di calendariose non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro;
      • sono un termine minimo: la comunicazione all’ITL può quindi essere formalizzata anche in un momento successivo;
    • nel caso in cui il CCNL applicato preveda espressamente un termine superiore a quello legale, dovrà essere applicato tale termine.
    • la comunicazione inviata all’Ispettorato territoriale:
      • è il momento da cui decorre il termine di cinque giorni previsto per la comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV;
      • va trasmessa anche al lavoratore, per consentirgli di esercitare il diritto di difesa;
      • se a seguito degli accertamenti ispettivi risulti falsa, il datore di lavoro potrebbe essere ritenuto responsabileanche penalmente.
    • Il datore di lavoro
      • non è tenuto, per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, al versamento della retribuzione e dei relativi contributi.
      • può trattenere dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al lavoratore l’indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.
    • In ogni caso, la procedura in esame viene resa inefficace in caso di successiva ricezione, tramite l’apposito sistema telematico, delle dimissioni da parte del lavoratore (anche per giusta causa).

    Infine, il Ministero chiarisce che la disciplina in esame non è applicabile nei casi in cui è comunque richiesta la convalida obbligatoria volta a tutelare le lavoratrici in gravidanza o i genitori lavoratori.

    Elezioni amministrative e referendum: permessi elettorali

    Domenica 25 e lunedì 26 maggio si voterà per le elezioni amministrative, con eventuale turno di ballottaggio domenica 8 e lunedì 9 giugno. In queste ultime due date, i cittadini italiani possono anche esprimersi sui referendum abrogativi relativi a 5 quesiti in tema di lavoro e cittadinanza.

    A tale proposito, i lavoratori dipendenti chiamati a svolgere funzioni elettorali hanno diritto di assentarsi dal lavoro per il periodo necessario allo svolgimento delle operazioni elettorali. In particolare, deve essere loro garantito, per i giorni passati al seggio:

    • se lavorativi, lo stesso trattamento economico che sarebbe spettato in caso di effettiva prestazione lavorativa;
    • se non lavorativi o festivi, un’ulteriore retribuzione (pari a una giornata di retribuzione) o un riposo compensativo.

    Prima dello svolgimento delle operazioni elettorali, il dipendente deve avvisare il proprio datore di lavoro della sua partecipazione ai seggi, affinché quest’ultimo si possa organizzare in vista di tale assenza.

    Concluse le votazioni ed il relativo scrutinio, il lavoratore è tenuto a consegnare al datore di lavoro un attestato da cui risulti l’indicazione dei giorni (e delle ore) trascorsi al seggio. Tale attestato deve essere firmato dal Presidente del seggio e deve riportare il timbro della sezione elettorale.

    Superamento del periodo di comporto

    La Corte di cassazione, con Ordinanza n. 8072 del 27 marzo 2025, ha chiarito che un lavoratore non può essere licenziato per superamento del periodo di comporto se l’assenza per malattia è dovuta alla negligenza del datore di lavoro.

    Nel caso di specie, la mancata formazione sulla prevenzione dei rischi da parte del datore ha contribuito al peggioramento della sindrome del tunnel carpale, rendendo illegittimo il licenziamento. Secondo la Cassazione, la malattia e il relativo periodo di comporto erano riconducibili direttamente alla responsabilità del datore di lavoro che aveva violato l’obbligo di formazione.

    Uso del PC aziendale per finalità private

    Il licenziamento di un dipendente per l’utilizzo del PC aziendale per finalità private è illegittimo se non sussiste una condotta di particolare gravità.

    La Corte di cassazione, con Ordinanza n. 7825 del 24 marzo 2025, ritiene che l’uso improprio dello strumento di lavoro non giustifichi il recesso del datore se non vi è un intento lesivo nei confronti dell’azienda.

    In particolare, la decisione si basa su criteri quali la limitata entità delle violazioni e l’assenza di un danno concreto o di un pregiudizio per il datore di lavoro. Pertanto, in assenza di un comportamento che comprometta definitivamente il rapporto fiduciario, il licenziamento risulta una misura sproporzionata.

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