Negli ultimi anni, il tema del work-life balance ha guadagnato sempre più importanza, soprattutto con la diffusione dello smart working. Ma come possiamo realmente trovare un equilibrio tra lavoro e vita personale? Ne abbiamo parlato con Marcello Russo, docente presso l’Università di Bologna e autore del libro “In equilibrio. Un buon work-life balance è possibile”, pubblicato da Il Mulino. Russo, con oltre 15 anni di ricerca alle spalle, propone un approccio profondo e fondato su dati empirici, superando le semplici “ricette magiche” tanto comuni nel panorama editoriale.
Lo smart working: opportunità o trappola per il Work-Life Balance?
Lo smart working, spesso considerato uno strumento di conciliazione, può rivelarsi una trappola. Se da un lato permette maggiore flessibilità, dall’altro rischia di sfumare i confini tra lavoro e vita privata, rendendoci “sempre connessi”. Si parla di “paradosso dell’autonomia”, in cui l’apparente libertà offerta dallo smart working viene erosa dalla costante reperibilità, alimentata dalla percezione che lo smart working sia un privilegio da ricambiare con ulteriore impegno lavorativo, anche in orari extra-lavorativi.
Per uscire da questa trappola, è fondamentale saper gestire i confini tra le due sfere, attraverso strategie di “boundary management”. Non si tratta solo di negoziare gli spazi all’interno della famiglia, ma anche di discutere con i propri colleghi e superiori, per far rispettare limiti chiari e preservare il proprio benessere psicologico.
La definizione di Work-Life Balance: non esiste una formula universale
Non esiste una definizione universale di work-life balance. Ognuno di noi ha priorità, esigenze e risorse diverse, che cambiano nel corso della vita. Russo descrive tre approcci comuni: chi pensa di poter “avere tutto”, chi accetta la necessità di sacrifici e chi trova un compromesso accettando l’imperfezione. In particolare, è necessario a superare l’idea rigida di perfetto equilibrio; la chiave è saper gestire i momenti di sovraccarico, accettando che ci siano fasi della vita in cui l’equilibrio è inevitabilmente precario, ma è bene cercarlo in una definizione e costruzione personale, su misura per il singolo e per la cerchia di persone attorno (famiglia, colleghi…).
Il ruolo dell’organizzazione: dalle politiche aziendali al cambiamento culturale
Oltre all’aspetto individuale, il work-life balance dipende fortemente dall’organizzazione. Le politiche aziendali giocano un ruolo cruciale nel favorire o ostacolare il bilanciamento vita-lavoro. Tuttavia, Russo mette in guardia da alcuni benefit che, anziché facilitare l’equilibrio, possono avere l’effetto opposto. Ad esempio, l’asilo nido aziendale, pur essendo percepito come un grande vantaggio, potrebbe trasformarsi in un legame ulteriore tra vita privata e lavorativa, favorendo il presenzialismo e l’invasione della sfera personale.
Per favorire un vero cambiamento, è necessario trasformare la cultura aziendale, passando da una mentalità basata sul presenzialismo a una centrata sui risultati. Questa evoluzione richiede un cambio di paradigma che coinvolga anche il management. Si parla di “leader equilibrista”, quel manager capace di incoraggiare e supportare i propri collaboratori nel trovare il giusto equilibrio, evitando il sovraccarico.
Le sfide sociali e culturali
Le sfide che la società italiana deve affrontare per migliorare il work-life balance sono enormi. Incontriamo ostacoli sociali e culturali, come il gender pay gap e l’iniqua distribuzione del carico di cura familiare, che spesso penalizza le donne. L’Italia si mostra in ritardo rispetto ad altri paesi europei, ma c’è speranza! L’auspicio è che si possa avviare un processo di cambiamento che favorisca un miglior equilibrio tra vita e lavoro a livello collettivo, politico e sociale.